Come Medico dello Sport, sento il dovere di portare l’attenzione su una condizione troppo spesso trascurata, ma dalle conseguenze cliniche gravi: l’obesità grave in età pediatrica.
Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità (sistema di sorveglianza OKkio alla Salute), oltre 100.000 bambini e adolescenti in Italia convivono con una forma severa di obesità, che riguarda almeno il 2,6% dei bambini di 8-9 anni. Si tratta di una condizione persistente e precoce, che aumenta il rischio di sviluppare patologie come diabete di tipo 2, ipertensione, dislipidemie, fegato grasso. Ma anche disturbi psicologici significativi: bassa autostima, ansia, isolamento sociale.
Non è solo un problema estetico: è una malattia cronica. E può ridurre l’aspettativa di vita anche di 15 anni rispetto a un coetaneo normopeso.
La Società Italiana di Pediatria, in collaborazione con SIEDP e SICP, ha ribadito l’importanza di una diagnosi tempestiva e di un approccio integrato. Segnali come l’iperfagia e un rapporto vita/statura superiore al 60% devono allertare pediatri e famiglie.
Il momento migliore per intervenire? Tra i 6 e i 9 anni. In questa fascia, programmi intensivi e multidisciplinari (che includono alimentazione, esercizio fisico adattato, supporto psicologico) sono efficaci nel ridurre il BMI in oltre il 50% dei casi. Dopo i 14 anni, la risposta scende drasticamente al 2%.
Ogni anno di attesa peggiora la prognosi.
Non bastano soluzioni fai-da-te. L’obesità grave richiede percorsi strutturati, équipe formate da medici, nutrizionisti, psicologi e specialisti del movimento. Anche l’utilizzo dei nuovi farmaci (come gli agonisti GLP1) va previsto solo in contesti specialistici e con un follow-up medico preciso.
Ma soprattutto, serve un cambiamento culturale. La cultura del movimento deve diventare parte integrante dell’educazione, delle politiche sanitarie e della quotidianità familiare. Perché il movimento non è solo prevenzione. È cura. È futuro.
Consulta sempre il tuo medico e sottoponiti alle visite e agli esami di routine.
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